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domenica 27 luglio 2008

Il caso Coremazu: pregiudizi razziali made in USA

Caso Koremazu (1944): contro gli USA per i 120 mila statunitensi di origine giapponese, i quali ultimi hanno una concezione della nazionalità legata molto all’origine del sangue. Il Giappone è stato l’unico ad aver attaccato direttamente gli americani, e la ragione di fondo del massacro si trova in questo. Roosvelt quindi decise che si potevano considerare nemici in caso di attacco del Giappone. Allora per evitare un inutile massacro decise di istituzionalizzare questi ghetti. Essi non potevano più andare via da quelle zone, ed erano quindi sotto controllo degli americani. Koremazu è stato l’unico a ribellarsi dicendo che non voleva si attuasse ciò e fece quindi causa.

Anche in questo caso la dottrina non ha una posizione unitaria, ed una decisione nega che ciò sia possibile, mentre altre decisioni affermano che in tempo di guerra queste misure sono legittime.

Black affermò che bisogna notare che le restrizioni legali che impediscono a questi ghetti di allontanarsi sono sospette. Bisogna ammettere però che non vi è nessuna negazione dei valori costituzionali. La guerra è già un problema in sé che dà o può dare conseguenze drastiche anche di questo tipo. Il potere di proteggere queste coste fu di primaria importanza data la situazione bellica, c’è pericolo e quindi si deve usare qualcosa di forte per difendersi. Si adotta in tal modo questo procedimento anche se di origine razziale.

Queste azioni in tempo di guerra sono quindi ingiustificate? Per alcuni giudici no.

Il pericolo per le altre etnie non era cosi preoccupante come per i giapponesi.

Il Giappone (che ha una concezione della cittadinanza legata all’origine molto forte) infatti muove guerra alla Cina alleandosi con la Corea giapponese ed il Manciuria (stato fantoccio).

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