Ricerca personalizzata
Ricerca personalizzata

martedì 18 novembre 2008

Il principio di legalità del diritto penale italiano

La genesi di tale principio risale alla teoria del contratto sociale ed al pensiero illuministico proteso ad eliminare gli arbitri e i soprusi dello stato assoluto nei confronti dei cittadini. Il principio di legalità attualmente è statuito sia dall’art. 25/2 della Cost. che dall’art. 1 del c.p..

La norma costituzionale sancisce che nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso, mentre la disposizione penale statuisce che nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite. Nonostante l’art. 25/2, diversamente dall’art. 1 c.p., non menzioni l’avverbio espressamente e non faccia alcun riferimento alle pene, è da ritenere che le due norme di legge abbiano la stessa ratio ed un contenuto del tutto corrispondente.

Il principio di legalità si scompone in quattro sotto principi: la riserva di legge, la tassatività della fattispecie penale, l’irretroattività della legge penale e il divieto di analogia in materia penale.

La riserva di legge vieta di sanzionare penalmente un fatto in assenza di una legge preesistente che lo configuri come reato. Il riservare esclusivamente al legislatore la potestà normativa in materia penale risponde ad esigenze di garanzia sia formali che sostanziali e tutela i diritti delle minoranze e delle forze politiche dell’opposizione. La riserva di legge, nonostante alcune sentenze in senso contrario della Cassazione, deve intendersi come riserva assoluta; esistono tuttavia, in seno alla dottrina, delle divergenze relativamente alla sua portata e ai suoi limiti.

Il principio di tassatività attiene invece alla tecnica di formulazione delle norme che mira principalmente a salvaguardare i cittadini dagli abusi del potere giudiziario imponendo che le norme siano formulate in modo chiaro e preciso, di modo che sia dato al cittadino distinguere senza possibilità di errore ciò che è lecito da ciò che non lo è . Gli strumenti di tecnica legislativa che attengono alla redazione delle fattispecie penali si distinguono in elementi descrittivi ed elementi normativi; questi ultimi a loro volta si suddividono in giuridici ed extragiuridici. Gli elementi descrittivi, detti anche elementi rigidi, sono quelli che meglio salvaguardano il principio di tassatività : essi traggono il loro significato direttamente dell’esperienza del mondo materiale ed esprimono concetti chiari e univoci come uomo, casa, animale, morte ecc.. Gli elementi normativi, invece, necessitano per la determinazione del loro contenuto il rinvio a norme diverse rispetto a quella incriminatrice: questa etero integrazione può riguardare, come anticipato in precedenza, norme giuridiche, come nel caso dell’altruità della cosa nel reato di furto, oppure norme extragiuridiche, sociali, etiche e di costume, come la morale, il pudore e l’onore, concetti questi, che, sfuggendo ad un’esatta definizione, lasciano al giudice larghi margini di discrezionalità, con conseguente sacrificio del principio di tassatività che viene in questo modo inevitabilmente eluso.

Per quanto riguarda il principio di irretroattività , bisogna sottolineare che esso, nonostante sia previsto per tutte le leggi dall’art. 11 delle disposizioni preliminari (la legge non dispone che per l’avvenire, essa non ha effetto retroattivo), ha rilievo costituzionale, come si desume dall’art. 25/2 Cost., solo riguardo la materia penalistica. Tale principio vieta di applicare la legge penale a fatti commessi prima della sua entrata in vigore.

Il divieto di analogia in materia penale, infine, si desume espressamente dall’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale e implicitamente dall’art. 1 c.p. (nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente previsto dalla legge come reato). Esso vieta l’applicazione analogica di sanzioni penali relativamente a fattispecie non espressamente previste e disciplinate dal legislatore; è tuttavia un principio avente una valenza relativa, in quanto è ammessa in materia penale l’analogia in bonam partem.

mercoledì 10 settembre 2008

Ricordando Lucio....

Una piccola pausa che risulta essere doverosa in questo 9 settembre….a modo mio voglio spendere due parole per ricordare la memoria di Lucio Battisti, uno dei più grandi cantautori della musica leggera italiana…si spegneva esattamente dieci anni fa, triste e soprattutto solo, fuori dal mondo….le sue canzoni sono state spesso molto tristi e nostalgiche, e cosi è stata la fine della sua vita…battisti può piacere, può non piacere, i gusti a volte possono essere diversi…ma una cosa è certa, è stato un grandissimo cantautore ed ha scritto pezzi che hanno fatto storia e lo saranno eternamente…la traccia di lucio è indelebile ed i suoi messaggi contenuti nei versi continueranno a far sognare le generazioni…

“Non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare con il pubblico solo per mezzo del suo lavoro”….questo disse al pubblico quando decise di ritiarsi dalla scena pubblica e non fare più concerti, dopo l’ultima tournée con i Formula Tre….questa frase racchiude tutta l’essenza dell’uomo, tutta la carica del cantante e soprattutto la coerenza e la forza di credere nel proprio lavoro di un cantante come lucio Battisti…

Ciao Lucio, hai lasciato un segno indelebile nella musica italiana e le generazioni future continueranno a prenderti come esempio….

lunedì 8 settembre 2008

Orizzonti Sonori - Ombre nel sole




http://musicblog.francescofacchinetti.it/entry.html?identry=177

piccola pausa....vi invito ad ascoltare il mio singolo "ombre nel sole" all'indirizzo indicato....sul sito your music blog di Francesco Facchinetti...
dopo aver superato le selezioni iniziali, sono stato inserito nella top list...

pertanto....vi invito ad ascoltare il brano, sperando sia di vostro gradimento, e a commentarlo...se vi piace votatelo :)
grazie...

vi saluto

Enry

http://musicblog.francescofacchinetti.it

www.musicblog.francescofacchinetti.it/entry.html?identry=177

giovedì 28 agosto 2008

La Russia alla fine del Quattrocento

RUSSIA:
• Non è ancora entità statale ma agglomerato di grandi feudi principeschi; monaci bulgari vi avevano diffuso il cristianesimo ortodosso e l’influenza religiosa di Costantinopoli-Bisanzio aveva aperto alla vasta regione la cultura proveniente dal tardo Impero latino. Dal regno dell’Orda d’oro il principato di Mosca (Gran Principato) acquisì una supremazia tra tutti gli altri principati russi ed era incarico di riscuotere i tributi tra gli altri feudi cristiani e i benefici economici che la portarono a prevalere culturalmente e politicamente, diventando centro politicamente unificante della Russia.
• Ivan III (1462-1505), attuò una politica espansionistica verso occidente, cercando di assoggettare la Lituania prima con la politica dinastica (facendo sposare sua figlia Elena col gran duca Alessandro di Lituania) poi militarmente. Questa rapida espansione territoriale era stata pagata essenzialmente dai grandi principi della Russia centrale.

• Il potere dei feudatari (boiari) venne poi ridimensionato sia con la forza, sia istituzionalmente, riducendo (ove non eliminando) le assemblee dei consigli oligarchici a funzioni meramente consultive.
• Giovò enormemente al nuovo Stato ed al suo assetto interno, la caduta di Costantinopoli (1453) in mano turca. Ivan III sposando Sofia Paleologo (nipote dell’ultimo imperatore romano d’oriente, Costantino XII) si propose come il nuovo legittimo imperatore (Caesar, Czar) e Mosca divenne “la terza Roma” e l’intera area europea dove s’era diffuso il cristianesimo greco-ortodosso diventava politicamente permeabile all’influenza moscovita.

Il pretesto della Riforma Protestante

Fu offerto dalla questione delle indulgenze. Nel 1517 papa Leone X, volendo ricostruire la basilica di S.Pietro a Roma, e non disponendo dei mezzi necessari, aveva bandìto in tutto il mondo una speciale indulgenza per coloro che avessero fatto un’offerta in denaro. L’indulgenza (già usata nel corso delle crociate) era una sorta di condono delle pene che il credente avrebbe dovuto scontare nel Purgatorio, che il papa concedeva a quei fedeli, sinceramente pentiti, disposti a compiere particolari penitenze (pellegrinaggi, elemosine, opere meritorie...). Lo “sconto” offerto da questi certificati d’indulgenza era proporzionato all’importo del denaro.

I primi a reagire sono i cattolici tedeschi, capeggiati da Lutero, frate agostiniano. I punti fondamentali della rottura sono i seguenti:



I) Giustificazione per fede: la salvezza si ottiene direttamente dalla grazia divina e non attraverso le opere guidate dalla Chiesa; quello che conta è solo l’atteggiamento di coscienza. Non ci si salva per i propri meriti. Il peccato originale rende l’uomo incapace di bene. Solo Dio può salvare. Di questa salvezza l’uomo non può essere certo finché non muore. In attesa di saperlo deve avere la fede. Conseguenza pratica: forte individualismo, rifiuto dei sacramenti, del concetto di “opere buone”, separazione di civile da religioso (di Stato da Chiesa)...

II) Libero esame delle Scritture: contro l’interpretazione ufficiale, dogmatica, canonica, della Chiesa. Conseguenza pratica: forte intellettualismo, nascita di molte comunità e sètte nell’ambito delle confessioni protestanti, rifiuto quasi totale della tradizione ecclesiastica cattolica, subordinazione dei sacramenti/riti/culto alla Bibbia...

III) Sacerdozio universale dei credenti: contro le divisioni gerarchiche fra clero e laici. Conseguenza pratica: fine della struttura tradizionale della Chiesa, fine del monachesimo, sviluppo delle piccole comunità religiose...

mercoledì 27 agosto 2008

Il rapporto di Giolitti con i socialisti

Il bisogno di un appoggio da parte delle forze socialiste nacque dalla consapevolezza di un indebolimento dei partiti di origine risorgimentale.
Seppure i liberali avessero la maggioranza, il partito era comunque diviso in piccoli gruppi in lotta tra loro; deboli erano anche i radicali (libero professionisti e intellettuali) e i repubblicani.

Giolitti cercò il consenso dei socialisti facendo propri alcuni punti del programma minimalista, quali la libertà di parola, di stampa, di riunione e il riconoscimento dei sindacati.

Tuttavia, il proposito di fare del PSI un partito collaborazionista si scontrava con l’esistenza, al suo interno, dell’ala minimalista e di quella massimalista, con il rischio di una scissione. Conseguente fu quindi il rifiuto di Turati a entrare a far parte del governo.
Turati, del resto, aveva evitato la scissione proprio nel Congresso Socialista del 1900, in cui aveva sostenuto che il programma minimo, simile quello giolittiano, doveva essere visto come primo passo verso il raggiungimento di quello massimo.

Proprio sul fronte socialista, Turati aveva però dovuto anche scontrarsi con i sindacalisti rivoluzionari, che avversavano un sistema liberale-parlamentare e che vedevano nello sciopero generale l’unico sbocco rivoluzionario possibile.
Tuttavia, Turati condivideva con gli esponenti della destra riformista (Bonomi e Bissolati) una prospettiva riformista e non rivoluzionaria, secondo cui era necessario puntare sul suffragio universale per trasformare il parlamento nel rappresentante del popolo, più che in un organo della borghesia.

Il primo esperimento di sciopero generale, voluto dai sindacalisti rivoluzionari, si ebbe nel 1904: Giolitti attuò la sua politica di non intervento e, dopo aver sciolto il parlamento, indisse nuove elezioni.
Tale modo di agire si presentò come un successo per Giolitti, dal momento che la sinistra parlamentare s’indebolì, nel PSI si rafforzarono i riformisti e molti cattolici votarono candidati liberali non anticlericali.

domenica 24 agosto 2008

Ma vi siete chiesti il vero motivo sul perché Napolitano ha firmato il lodo Alfano?

Le solite parole, le solite polemiche inutili fine a se stesse tanto per inquinare maggiormente la politica italiana. Berlusconi e le sue leggi ad personam, Berlusconi nemico dei comunisti, Berlusconi il nuovo Duce, Berlusconi il mafioso, Berlusconi di qua, Berlusconi di là.

Ora, come se non bastasse, ad alimentare le polemiche è subentrato il lodo Alfano, che è stato approvato, firmato e promulgato dal presidente della Repubblica. Apriti cielo, polemiche dietro polemiche, ha firmato, è in accordo con il governo, si è alleato con Berlusconi, anche lui è passato dall’altra parte, le solite affermazioni giustizialiste di Di Pietro ad abbellire il tutto, ma dico, gli italiani si ricordano comunque che Napolitano è comunista vero? O se lo sono scordato? Va a finire che è di Forza Italia ora, se si arriva addirittura ad affermare stupidaggini del genere, significa che l’Italia è arrivata al capolinea per davvero.

“La riforma della giustizia è necessaria anche sotto il profilo della ridefinizione delle regole ai fini di equilibrio nei rapporti tra giustizia e politica. Ora è divenuto palpabile il rischio che si ricada invece in un clima convulso di chiusura e di scontro nei rapporti politici ed istituzionali: non è quello che il paese vuole e si aspetta, non è quello di cui il paese ha bisogno nell’attuale situazione, complessa e difficile, che richiede innovazioni e riforme, in uno con risposte concrete ad esigenze scottanti. Innovazioni e riforme tanto più produttivamente perseguibili e attuabili quanto più si eviti il muro contro muro nel Parlamento e nella società. Ci si fermi dunque, sulla china pericolosa dell’esasperazione dei rapporti tra maggioranza e opposizione. “

Parole di una persona che ha avuto tante cariche importanti nella sua carriera politica e sicuramente un uomo che ha vissuto e sa parlare al momento opportuno. Significa che è diventato berlusconiano forse? Volere una concreta riforma della giustizia significherebbe questo?

La storia che Berlusconi si fa le leggi per se oramai non fa nemmeno più ridere in Italia, poteva andar bene qualche anno fa forse, ma ora, nonostante finalmente si è riusciti a mandar via dal parlamento la classe comunista, le polemiche continuano. Del resto, voglio dire, il potere della democrazia sta proprio nell’eleggere i propri rappresentanti, se i rossi sono stati mandati a casa, ci sarà un motivo oppure no?

Ma non voglio continuare con inutili discorsi politici, preferisco essere un tecnico e attenermi ai fatti concreti, come sempre. Per questo giungo al nocciolo della questione.
Vi siete realmente chiesti perché il pdr ha firmato il lodo Alfano? Avete mai letto la costituzione italiana? Avete mai studiato un po’ di diritto costituzionale? Sapete come viene promulgata una legge in Italia?
Quando avrete una risposta concreta a questa serie di domande vi renderete conto che in realtà Napolitano aveva ben poco da fare in un piccolo campo di azione e che soprattutto sarebbe stato inutile opporsi o creare ulteriori tensioni tra maggioranza e opposizione.
Questo per una serie di motivi:
L’articolo 89 del testo costituzionale afferma che nessun atto del presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
In realtà basterebbe già questo per far capire che i poteri del pdr sono limitatissimi ed egli ha soltanto una funzione notarile su quello che fa un governo o un parlamento. Non ha il potere di un De Gaulle in Francia o di un cancelliere tedesco, ma sembra un residio monarchico che in fin dei conti serve a poco.

L’articolo 71 poi afferma che l’iniziativa delle leggi appartiene al governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi e enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Ossia, è un potere ed una iniziativa squisitamente politica, il presidente della Repubblica non ha nessun ruolo in questo, non fa assolutamente nulla. E’ un semplice notaio. E da notaio non può fare altro che firmare e star zitto.

Ma allora che lo teniamo a fare? Ebbene, può decidere di non firmare e emanare una sentenza monito per spronare il parlamento a cambiare la legge esaminata. Tutto qui. La legge torna nelle mani del mittente, questo ne apporta una breve modifica e poi la rimanda al Colle. E il pdr firma, tace e non può fare altro. In Italia questo significa rispettare la costituzione, io oserei dire che però è semplicemente un effetto boomerang. Il capo dello stato può decidere di non firmare ma o prima o dopo avrà l’obbligo di farlo, perché il potere legislativo è in mano al parlamento e non nelle sue mani.

Pertanto, è inutile fare polemiche stupide sul fatto che un presidente comunista come Napolitano abbia firmato una legge che una certa parte politica considera ad personam, perché non è un problema del presidente della Repubblica modificare e cambiare le leggi (purtroppo) ma è compito del parlamento. E il Parlamento italiano è eletto dal popolo.
Ergo, se una legge è considerata sbagliata e si creano zone di tensioni tra le istituzioni e i cittadini, la colpa la si deve andare a cercare nelle urne elettorali (se di colpa si può parlare). Questa non è una affermazione di populismo né una esortazione ad esso, è semplicemente realtà.

Un ringraziamento ai lettori

Cari amici e cari lettori,
sono contento di come sta andando il mio sito ora che è diventato dominio, però vedo con grande piacere e orgoglio che il sito su blogspot continua ad esser letto e seguito...pertanto ho deciso di scrivere qualche articolo ogni tanto anche su questo indirizzo, per non perdere la popolarità del blog e per il gusto di avere un sito-blog semplice come base solida per il sito ufficiale che ho creato un mese fa...
grazie ancora dell'attenzione che prestate ai miei articoli...
a presto...

Enry

Lo scudo crociato: ministoria di un partito che ha diviso, svuotato, creato e aggregato tutte le classi sociali dello stato Italiano

Destra DC: Fautori della continuità col prefascismo e coi principi autoritari basati sul trinomio Dio, Patria, Famiglia. Spera inizialmente nella soluzione autoritaria del re ma, caduta questa, accetta la trasformazione democratica e la nuova società basata sull’egemonia cattolica, guida degli italiani.

Centro DC
: Stretto intorno a De Gasperi, è il ventre molle del partito, quello che guida la DC. Antifascista e democratico, vede nei partiti la realizzazione della democrazia. Netta è la volontà di rottura col passato fascista, e prontamente raccoglie la sfida democratica lanciata dai partiti marxisti che stanno allargando il loro consenso.


Sinistra DC: Cristiano-sociali e sindacalisti cattolici, condividono l’impostazione di fondo di De Gasperi ( coi quali si alleano) ma sono diverse le premesse culturali. La fede religiosa non innalza barricate. Osteggiano quindi l’autoritarismo sostenuto dalla destra, il processo di ascesa delle masse, che provengono da situazioni sociali di ingiustizia, miseria, ignoranza, non può essere frenato. E’ giusto che i cattolici si confrontino apertamente con le sinistre marxiste su questo aspetto.

Alleanza Centro-Sinistra DC
, in nome della rottura col fascismo.
Partito pigliatutto (Catch-All Party), connaturato interclassismo, denota l’assenza di un vero partito borghese di massa.
Ricerca l’unità politica di tutti i cattolici. La Dc E’ il Partito Cattolico,mentre il PPI era un partito di cattolici.
A questo progetto però è necessaria la macchina della Chiesa, che fornisce l’imprimatur alla DC che è preclusivo alla formazione di altri partiti cattolici.

Un giudizio sulla seconda guerra mondiale dalla parte sovietica

E’ pur vero che la storia la scrivono sempre i vincitori, però è tuttavia necessario avere un giudizio storico proprio da parte di chi esce vincitore di una guerra o di una battaglia per poter capire fino in fondo che significato abbia tale evento. Oggi nel 2008 purtroppo lo spettro della seconda guerra mondiale è tornato all’ordine del giorno, e questa volta ci troviamo al preludio della futura guerra del petrolio. Forse non si combatterà con le armi, forse il popolo non scenderà in campo, tuttavia ci sarà comunque sempre qualcuno che vincerà e qualcun altro che perderà. Perché la politica è fatta cosi.

Ecco quindi una breve riflessione dalla parte sovietica su quello che è accaduto in Europa dal 1939 al 1945.
• Molti storici sovietici, anche nel periodo della stagnazione, attribuivano la scarsa preparazione dell’Urss, per una guerra contro la Germania nazista, al fatto ch’essa non ebbe tempo sufficiente per riorganizzare e riarmare l’Armata Rossa: il che spiegherebbe -a loro giudizio- le sue sconfitte durante le prime tappe della guerra. Oggi invece gli storici sono del parere che l’Urss avesse sin dall’inizio capacità adeguate a respingere l’aggressore, in quanto i carri armati e i corpi corazzati non avevano nulla da invidiare a quelli tedeschi. Furono anzi proprio i sovietici a saggiare per primi le possibilità, teorico-pratiche, dei ponte-aerei, dei missili e dei razzi.

• Il fatto è purtroppo che il genio di esperti militari come M. Tukhachevsky e V. Triandafillov, o di esperti scienziati come S. Korolev e V. Glushko, non venne capito, e sino al punto che essi stessi furono considerati dei sabotatori e dei “nemici del popolo”. E così, in luogo della produzione e dell’uso massiccio dei carri armati e dei corpi corazzati, si preferì rilanciare i mezzi e i metodi con cui si era vinta la guerra civile. I piani per creare le divisioni dei paracadutisti furono smantellati, e P. Grokhovsky, uno dei loro principali ideatori, venne declassato a un compito amministrativo. I progettisti dei razzi, Korolev e Glushko, furono spediti nei campi di prigionia di Kolyma. Y. Alksnis e Y. Smushkevich, loro collaboratori e specialisti teorico-pratici nell’uso degli aeroplani da guerra, caddero sotto le repressioni staliniane. Molti generali dell’Armata Rossa e tantissimi ufficiali di valore furono uccisi o finirono nei gulag.

• Oggi ci si chiede quanti storici sovietici abbiano studiato a fondo gli inizi della Grande Guerra Patriottica. Quando la Germania attaccò l’Urss, il 22 giugno 1941, ci fu un notevole ritardo nell’allertare le truppe sovietiche nei distretti militari occidentali. Solo durante il primo giorno di guerra, l’aviazione sovietica perse circa 1200 aerei: questo perché l’intelligence del nemico aveva informazioni dettagliate sullo spiegamento delle forze sovietiche e sulle linee di rifornimento e di comunicazione dislocate per almeno 300 km.

• Questi e molti altri errori di valutazione dello staff di Stalin comportarono il tracollo quasi immediato del fronte occidentale. S’impedì addirittura alle truppe di terra di attraversare i confini con la Germania e alle forze aree di oltrepassare i limiti aldilà di 100-150 km.

Stalin decise di reagire soltanto quando il nemico era giunto nei territori sud-occidentali. Nel settembre del ‘41, invece di acconsentire al ritiro delle 600.000 truppe sud-occidentali, al fine di preparare la difesa lungo il fiume Psel, favorì il loro accerchiamento nella battaglia di Kiev. Nel maggio ‘42, invece di ascoltare il generale A. Vasilevsky che gli aveva suggerito di fermare l’offensiva su Kharkov, Stalin (e con lui Timoshenko) la pretese ad ogni costo, determinando così l’accerchiamento delle truppe sovietiche nel saliente di Barvenkovsky.

• Milioni di soldati sovietici furono fatti prigionieri durante il primo periodo della guerra. Milioni di loro morirono nei lager nazisti. E milioni di soldati furono uccisi nei territori sovietici occupati. Ciononostante, nei confronti di chi riusciva a sopravvivere e a tornare in patria, lo stalinismo spesso riservò una particolare accoglienza: il sospetto di tradimento.

A questo punto però c’è da chiedersi cosa sarebbe potuto succedere se nei fatti Hitler avesse tenuto fede al patto di non aggressione con Stalin e Germania e URSS avessero combattuto insieme nella Guerra. La storia non si fa con i ma e con i se, però rimane il fatto che le due dittature sono state atroci entrambe. Invece ancora oggi c’è chi osanna un uomo come stalin e la sua grande russia e continua a condannare Hitler. Ma tra i due effettivamente chi era il più crudele?

lunedì 28 luglio 2008

Novis rebus studeo diventa un sito e cambia dominio

Cari amici e cari lettori,
per motivi di ordine pratico ma soprattutto per efficienza e professionalità, il mio sito "novis rebus studeo" ha finalmente un suo dominio -se pur con nome diverso- ed è diventato un vero e proprio sito autonomo, e non più soltanto un blog. Ho deciso in tal senso per dare una svolta al mio lavoro effettuato sul web per aver maggiore presenza sui motori di ricerca e soprattutto per avere una grafica più professionale e di maggiore impatto.

Pertanto vi invito a leggere i miei articoli e i miei commenti non più su questo indirizzo (che comunque rimane attivo e magari settimanalmente sarà aggiornato con un paio di articoli brevi per tenerlo in piedi) ma all'indirizzo seguente : http://www.affissi.com

Il nome è rimasto uguale, è cambiato soltanto il dominio...gli articoli e il tema del sito rimangono invariati naturalmente, e l'unica differenza sta nel fatto che sul nuovo sito ci saranno più post e commenti che faranno scorrere piu velocemente gli argomenti nei motori di ricerca google, yahoo o msn....

Vi saluto e vi aspetto sul nuovo indirizzo, continuerò a scrivere come un fiume in piena cercando di postare sempre argomenti e temi interessanti per catturare l'attenzione di chi mi legge e continua a farlo....

Un saluto a tutti...

Enry

domenica 27 luglio 2008

Il caso Coremazu: pregiudizi razziali made in USA

Caso Koremazu (1944): contro gli USA per i 120 mila statunitensi di origine giapponese, i quali ultimi hanno una concezione della nazionalità legata molto all’origine del sangue. Il Giappone è stato l’unico ad aver attaccato direttamente gli americani, e la ragione di fondo del massacro si trova in questo. Roosvelt quindi decise che si potevano considerare nemici in caso di attacco del Giappone. Allora per evitare un inutile massacro decise di istituzionalizzare questi ghetti. Essi non potevano più andare via da quelle zone, ed erano quindi sotto controllo degli americani. Koremazu è stato l’unico a ribellarsi dicendo che non voleva si attuasse ciò e fece quindi causa.

Anche in questo caso la dottrina non ha una posizione unitaria, ed una decisione nega che ciò sia possibile, mentre altre decisioni affermano che in tempo di guerra queste misure sono legittime.

Black affermò che bisogna notare che le restrizioni legali che impediscono a questi ghetti di allontanarsi sono sospette. Bisogna ammettere però che non vi è nessuna negazione dei valori costituzionali. La guerra è già un problema in sé che dà o può dare conseguenze drastiche anche di questo tipo. Il potere di proteggere queste coste fu di primaria importanza data la situazione bellica, c’è pericolo e quindi si deve usare qualcosa di forte per difendersi. Si adotta in tal modo questo procedimento anche se di origine razziale.

Queste azioni in tempo di guerra sono quindi ingiustificate? Per alcuni giudici no.

Il pericolo per le altre etnie non era cosi preoccupante come per i giapponesi.

Il Giappone (che ha una concezione della cittadinanza legata all’origine molto forte) infatti muove guerra alla Cina alleandosi con la Corea giapponese ed il Manciuria (stato fantoccio).

Il brevetto

Il Brevetto rappresenta il titolo principale della proprietà intellettuale nonché l’elemento più influente sullo sviluppo di un paese. Esso è un titolo mediante il quale viene conferito un monopolio temporaneo di sfruttamento commerciale del trovato,consistente nel diritto esclusivo di realizzarlo,disporne o farne oggetto di commercio nonché di vietarne a terzi di produrlo, usarlo, metterlo in commercio,venderlo o importarlo.

E’ un certificato che agisce sull’invenzione, che è considerata come la soluzione originale di un problema tecnico atta ad essere realizzata ed applicata in campo industriale.

Non tutte le tipologie d’invenzioni sono brevettabili.

Le invenzioni che possono essere brevettate appartengono a tipologie che evolvono con il progresso tecnico-scientifico: si tratta di un sistema aperto a nuove tecnologie d’invenzioni, fatte salve le esclusioni espressamente previste dalla legge.

Possono costituire oggetto di brevetto un metodo o un processo di lavorazione industriale,una macchina, uno strumento, un prodotto o un risultato industriale; anche l’applicazione tecnica di un principio scientifico può essere brevettata, purché essa dia origine ad applicazioni industriali.

La legislazione indica esplicitamente soltanto quali sono le invenzioni non brevettabili; e cioè: le teorie scientifiche, le formule ed i metodi matematici ecc.

Affinché un’invenzione sia suscettibile di valida brevettazione, essa deve soddisfare i requisiti di novità, originalità, applicabilità industriale e liceità.

Il caso Amish in USA

Caso Wiskonsim vs Joder: relativo all’obbligo scolastico degli Amish in contrasto con quello federale americano.

Amish: gruppo protestante scappato dalla Svizzera dopo la rivoluzione calvinista. Parlano un dialetto svizzero del seicento. Hanno uno stile di vita molto semplice, rifiutano l’uso dell’energia elettrica, hanno un grande senso di solidarietà da costituire una sorte di vera società comunista, ed hanno emigrato in USA in colonie sparse. In tutto sono 250.000 e sono in aumento. Vanno a scuola obbligatoriamente fino a 13 anni nelle scuole dei loro villaggi. Non hanno chiese perché non c’è bisogno di queste, ma la messa va celebrata in casa dell’uno o dell’altro, senza bisogno di un luogo apposito. Dopo 13 anni possono frequentare per qualche anno altri ragazzi, bere, andare in discoteca, ossia vita mondana e poi decidere se rimanere. In genere torna l’ottanta per cento dei ragazzi nella comunità. Il battesimo non si fa appena nati ma dopo, verso i 16 anni, mentre a vent’anni si sposano.

La corte suprema in questo caso dà ragione agli Amish contro lo stato del Wiskonsim per quanto riguardo l’obbligo scolastico. L’istruzione federale è contaria a quella invece praticata dagli Amish perché vi è lo spirito competitivo mentre la religione Amish auspica la solidarietà tra i suoi seguaci, non fanno sport perché ciò porta li porta via dalla comunità a livello emotivo e psicologico.

La corte suprema quindi afferma che è giusto che gli Amish studino fino a 13 anni se la loro religione prevede questo.

Non ci può essere una convinzione religiosa cosi astrattamente, ma vi deve essere qualcosa di fondato e concreto. Il valore costituzionale della libertà religiosa è fondamentale e ancor più del valore dell’istruzione (sempre che però sia in parte rispettato).

FREE EXERCISE CLAUSE: il giudice Douglas dissente da questo. Gli Amish saranno pure pacifici ma i titolari del diritto per togliere i ragazzi da scuola appartiene ai genitori, però bisogna prendere in considerazione la opinione del ragazzo, se sia d’accordo o meno.

(in Canada c’è stato un caso particolare per quanto riguarda la prevalenza della religione. Un uomo di religione non ufficiale se ne andava in giro in motorino con il turbante, e non mettendo il casco. Ha vinto la causa perché il turbante è stato considerato un casco già a sé).

Azioni positive: la corte suprema nel 2004 nel caso General Daynamics land system VS Dennis Cline (un uomo di 50 anni) che non ha ottenuto i benefici della pensione perché troppo giovane, si è rifatta ad una legge del 1967 per il divieto di discriminazione per l’età.

Ma questa legge deve proteggere quelli che hanno più di 50 anni o anche quelli più giovani? E’ stato stabilito che tale legge protegge solo i lavoratori più anziani in confronto a quelli più giovani, anche se dubbi e perplessità rimangono.

martedì 22 luglio 2008

I procedimenti di revisione nel provvedimento amministrativo

I procedimenti di revisione sono:

· Sospensione amministrativa, provvedimento con il quale, nel corso di una procedura di revisione o di riesame e a fini cautelari viene temporaneamente sospeso l’eseguibilità e l’efficacia di un provvedimento efficace. L’efficacia viene sospesa per gravi motivi e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato o da un altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è indicato nell’atto che lo dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta nonché ridotto per sopravvenute esigenze.

· Proroga, provvedimento con cui si protrae ad un momento successivo il termine finale dell’efficacia di un provvedimento durevole. La proroga va adottata prima della scadenza del provvedimento di secondo grado.

· Revoca, provvedimento che fa venir meno la vigenza degli atti ad efficacia durevole, a conclusione di un procedimento volto a verificare se i risultati cui si è pervenuti attraverso il precedente provvedimento meritino di essere conservati. Se la revoca comporta pregiudizi ai soggetti interessati l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo.

I vizi di legittimità del provvedimento amministrativo

I vizi di legittimità sono:

· Incompetenza, è un vizio che conosce una duplice gradazione, poiché esiste l’incompetenza assoluta e relativa, che appartengono a due regimi diversi. L’incompetenza assoluta si riferisce alla mancanza del soggetto e quindi riguarda la nullità, essendo la mancanza di un elemento essenziale. L’incompetenza relativa riguarda il caso in cui l’amministrazione adotta il provvedimento violando le singole competenze dei suoi organi. Può avere varie gradazioni, ad esempio per materia.

· Violazione di legge, è un vizio residuale, infatti lo si invoca quando non è possibile invocare gli altri. Sussiste quando si violi una qualsiasi altra norma giuridica di azione generale e astratta che non attenga alla competenza. Esempio: mancanza del quorum di legge.

· Eccesso di potere, è il risvolto patologico della discrezionalità. Affligge molti provvedimenti e spesso viene confuso con i vizi di merito. Se non esistesse questo vizio il potere discrezionale delle amministrazioni non avrebbe limiti. Sussiste quando la funzione discrezionale e quindi la facoltà di scelta dell’amministrazione non è correttamente esercitata. Quindi l’eccesso di potere può essere invocato solo con riferimento ad atti discrezionali. Classica forma dell’eccesso di potere è lo sviamento, che ricorre quando l’amministrazione persegue un fine differente da quello per il quale il potere le è stato conferito. L’eccesso di potere diventa strumento per verificare il corretto esercizio del potere. I principi che si possono richiamare sono:

o Imparzialità

o Logicità

o Coerenza

o Proporzionalità

o Ragionevolezza

L’eccesso di potere è una lacuna che si trova a metà tra logica e ragionevolezza.

La giurisprudenza ha poi elaborato una serie di figure dette figure sintomatiche le quali sono sintomo del non corretto esercizio del potere e comportano l’annullamento del provvedimento. Tali figure sono:

· Contraddittorietà

· Disparità di trattamento

· Errore di fatto o travisamento

· Difetto di istruttoria

· Motivazione insufficiente o incompleta

· Lamentata assenza di ragionevolezza o proporzionalità

Il provvedimento amministrativo

Il provvedimento è composto da:

1. Intestazione, che indica l’autorità emanante

2. Preambolo, in cui sono enunciate le circostanze di fatto e di diritto

3. Motivazione, che indica le ragioni giuridiche e i presupposti di fatto del provvedere

4. Dispositivo, che rappresenta la parte precettiva del provvedimento

Componente fondamentale del provvedimento è la volontà, intesa come volontà procedimentale, che è oggettivata cioè risultante dal procedimento nel suo complesso. La legge assegna il provvedimento ad una figura soggettiva, che in genere è una persona giuridica, un ente pubblico. Il provvedimento è un atto di disposizione inerente l’interesse pubblico che l’amministrazione DEVE perseguire, correlandosi con l’incisione delle altrui situazioni soggettive. Da qui discende il carattere autoritativa cioè l’imperatività, che si riscontra quando l’attività amministrativa può disciplinare gli altrui interessi anche senza il consenso di chi ne riceve gli effetti, che è elemento essenziale del provvedimento. Dato che il provvedimento riflette i medesimi caratteri del potere amministrativo, esso è:

· Unilaterale, il provvedimento è caratterizzato dal perseguimento unilaterale di interessi pubblici.

· Tipico, la possibilità per la PA di produrre in un caso puntuale e concreto una vicenda giuridica presuppone che il legislatore abbia ritenuto prevalente l’interesse pubblico rispetto a quello privato, attribuendo il potere all’amministrazione, descrivendo gli elementi in cui si articola e individuando l’effetto prodotto sulla situazione giuridica del destinatario dell’atto. Quindi la tipicità consiste nell’esigenza di una preventiva definizione del tipo di vicenda giuridica prodotta dall’esercizio del potere.

· Nominativo, la PA, per conseguire gli effetti tipici, ricorre a schemi individuati dalla legge.

La distinzione tra nominatività e tipicità si comprende con chiarezza se si pensa alle ordinanze di necessità ed urgenza, che sono atti nominati (in quanto previsti dall’ordinamento), ma i cui effetti non sono predefiniti dalla legge e quindi non sono completamente tipizzati.

In genere l’ordinamento appresta due tipi di limiti a garanzia dei privati:

1. la predefinizione dei tipi di vicende giuridiche che possono essere prodotte dall’amministrazione (tipicità)

2. la predeterminazione degli elementi del potere che può essere esercitato per conseguire quegli effetti (nominatività).

l'atto amministrativo distinto dal provvedimento

L’atto amministrativo è una qualsiasi manifestazione di volontà proveniente da una PA nell’esercizio di una potestà amministrativa. Da esso si differenzia il provvedimento, che è l’atto con cui si conclude il procedimento amministrativo. E’ emanato dall’organo competente e se collegiale si tratta di atto collegiale il quale ha gli stessi caratteri del provvedimento emanato da un organo monocratico, e se ne differenzia solo perché è preceduto da un procedimento più complesso, in cui gli interessi rilevanti non sono rappresentati dalla partecipazione ma introdotti dai componenti il collegio all’atto della decisione. Solo il provvedimento, quale risultato dell’esercizio del potere amministrativo attribuito alla PA, è dotato di effetti sul piano dell’ordinamento generale. Gli atti amministrativi quali pareri, proposte, valutazioni tecniche etc…, hanno una funzione strumentale e accessoria rispetto ai provvedimenti.

Poiché il provvedimento ripete gli stessi caratteri del potere, esso è tipico e nominato e i suoi effetti non sono retroattivi.

Cos’è la Conferenza di servizi?

Si tratta di uno strumento procedurale di carattere generale che consente un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti nel procedimento. Consiste in una o più riunioni di persone fisiche, esponenti delle diverse amministrazioni coinvolte, legittimate ad esprimerne definitivamente la volontà, convocate per discutere sulle questioni nell’ambito del procedimento.

La conferenza istruttoria è il modo tipico di acquisizione e di selezione degli interessi pubblici, con valutazione di merito in ordine all’opportunità di avvalersi di tale strumento, riservata alla p.a.

La conferenza decisoria è un procedimento di coordinamento strutturale, che permette di ottenere una decisione concordata, in maniera espressa o implicita e salvo il potere di determinare conclusioni unilaterali (14/3-bis), da parte dell’Amministrazione procedente (14/4).

La conferenza di conclude con una approvazione collettiva dell’iniziativa che ne costituisce l’oggetto e che si atteggia come una speciale tipologia di accordo amministrativo.

Resta ferma le disciplina della partecipazione degli interessati ai sensi degli artt.7 e ss. l.proc.amm. per la produzione di note e documenti, di cui si terrà conto in sede di conferenza.

Art. 14 (Conferenza di servizi)

1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione procedente indìce di regola una conferenza di servizi (ISTRUTTORIA, di programmazione di future determinazioni realizzando il coordinamento e la composizione dei vari interessi in gioco [Art.20/3 legge 142/90 conferenza istruttoria obbligatoria e prodromica ad un accordo di programma “3. Per verificare la possibilità di concordare l’accordo di programma, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.”])

2. La conferenza stessa può essere indetta anche quando l’amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nullaosta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche. In tal caso, le determinazioni concordate nella conferenza sostituiscono a tutti gli effetti i concerti, le intese, i nullaosta e gli assensi richiesti (la decisione pluristrutturata si trasforma in decisione collegiale unanime). (DECISORIA)

2-bis. Nella prima riunione della conferenza di servizi le amministrazioni che vi partecipano stabiliscono il termine entro cui è possibile pervenire ad una decisione. In caso di inutile decorso del termine l’amministrazione indicente procede ai sensi dei commi 3-bis e 4 (sono previsti tempi certi per la conclusione delle procedure).

(comma così sostituito dall’articolo 17, comma 1, della legge 15 maggio 1997, n. 127)

2-ter. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 2-bis si applicano anche quando l’attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di amministrazioni pubbliche diverse. In questo caso la conferenza è convocata, anche su richiesta dell’interessato, dall’amministrazione preposta alla tutela dell’interesse pubblico prevalente.

(comma introdotto dall'articolo 3-bis del decreto-legge n. 163 del 1995, convertito dalla legge n. 273 del 1995)

3. Si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione la quale, regolarmente convocata, non abbia partecipato alla conferenza o vi abbia partecipato tramite rappresentanti privi della competenza ad esprimere definitivamente la volontà, salvo che essa non comunichi all’amministrazione procedente il proprio motivato dissenso entro venti giorni dalla conferenza stessa ovvero dalla data di ricevimento della comunicazione delle determinazioni adottate, qualora queste ultime abbiano contenuto sostanzialmente diverso da quelle originariamente previste (carattere tipico della conferenza decisoria è quella di considerare acquisito l’assenso delle Amministrazioni invitate in via tacita, nei casi di cui sopra).

3-bis. Nel caso in cui un’amministrazione abbia espresso, anche nel corso della conferenza, il proprio motivato dissenso, l’amministrazione procedente può assumere la determinazione di conclusione positiva del procedimento dandone comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri, ove l’amministrazione procedente o quella dissenziente sia una amministrazione statale; negli altri casi la comunicazione è data al presidente della regione e ai sindaci (comunicazione congiunta!). Il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio medesimo, o il presidente della regione o i sindaci, previa deliberazione del consiglio regionale o dei consigli comunali, entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, possono disporre la sospensione della determinazione inviata; trascorso tale termine, in assenza di sospensione, la determinazione è esecutiva. In caso di sospensione la conferenza può, entro trenta giorni, pervenire ad una nuova decisione che tenga conto delle osservazioni del Presidente del Consiglio dei ministri. Decorso inutilmente tale termine, la conferenza è sciolta (il dissenso espresso in sede di conferenza, può essere superato attraverso una determinazione unilaterale dell’Amministrazione procedente).

(gli ultimi due periodi sono stati così aggiunti dall’articolo 17, comma 2, legge 15 maggio 1997, n. 127, come modificato dall'articolo 2, comma 28, della legge n. 191 del 1998)

4. Qualora il motivato dissenso alla conclusione del procedimento sia espresso da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute dei cittadini, l’amministrazione procedente può richiedere, purché non vi sia stata una precedente valutazione di impatto ambientale negativa in base alle norme tecniche di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, una determinazione di conclusione del procedimento al Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri (si ritiene applicabile solo se il promotore della conferenza è una amministrazione statale o locale; diversamente, se fosse previsto il potere sostitutivo anche per le amministrazioni regionali dissenzienti, ciò costituirebbe un vulnus all’autonomia delle stesse!).

4-bis. La conferenza di servizi può essere convocata anche per l’esame contestuale di interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi reciprocamente connessi, riguardanti medesimi attività o risultato. In tal caso, la conferenza è indetta dalla amministrazione o, previa informale intesa, da una delle amministrazioni che curano l’interesse pubblico prevalente ovvero dall’amministrazione competente a concludere il procedimento che cronologicamente deve precedere gli altri connessi. L’indizione della conferenza può essere richiesta da qualsiasi altra amministrazione coinvolta.

(i commi 3-bis, 4 e 4-bis sono stati così aggiunti o sostituiti dall’articolo 17, commi 2, 3 e 4, della legge 15 maggio 1997, n. 127)

Quali possono essere le acquisizioni in fase d’istruttoria?

fatti semplici (documenti che il richiedente esibisce con la domanda)

acquisizione d’ufficio dei documenti già in possesso della PA.

acclaramenti tecnici: dichiarazioni di scienza redatti da uffici tecnici della PA. Viene posto un termine entro il quale gli atti medesimi debbono essere rilasciati: 90 gg. dal ricevimento della richiesta, trascorso il quale il responsabile del procedimento deve chiede le valutazioni tecniche ad altro ufficio della PA.

Per esigenze istruttorie, il termine può essere sospeso e “ricomincia a decorrere, per una sola volta” dal momento della ricezione degli atti istruttori richiesti ovvero dalla prima scadenza del termine.

Acquisizione delle determinazioni delle altre Amministrazioni [Conferenza di servizi “istruttoria”];

Acquisizione di memorie scritte e documenti, che l’amm. ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento e provengano da uno dei soggetti indicati all’art.7 o intervenuti ai sensi dell’art.9 (titolari di interessi legittimi pretensivi e oppositivi, portatori di interessi collettivi costituiti in associazioni o comitati, e portatori di interessi pubblici o privati).

[l’obbligo di tener in conto gli interessi così rappresentati nel procedimento rileva in sede di sindacato di legittimità del provv. finale].

Come si definisce il procedimento amministrativo?

E' una serie concatenata di atti, provenienti da soggetti pubblici (organi e uffici) e privati (p.g. che operano come amministrati), e di operazioni, previsti da norme primarie o secondarie ovvero determinati facoltativamente dalla p.a., tra loro coordinati ed integrati, rivolti ad uno scopo unitario, che è quello preordinato alla produzione di un provvedimento finale, come tale suscettibile di produrre effetti innovativi nell’ordinamento.

lunedì 21 luglio 2008

Ecco perchè Bossi ha insultato l'inno nazionale

Cari lettori,
anche se all'inizio avevo deciso di non toccare espressamente temi legati alla politica nostrana, proprio perché voglio evitare ogni tipo di estremismo inutile, non posso non spendere quattro righe riguardo la vicenda Bossi e l'insulto all'inno nazionale.
La lega si sa, è un partito nato con sentimenti puramente anti-italiani e anti-nazionali, ormai è un dato di fatto. Anche se ultimamente hanno abbandonato la loro idea di secessione, la radice rimane quella e se per caso dovesse esserci l'opportunità, non si tirerebbero indietro.

Ma perché quindi Bossi ha offeso il nostro inno? del resto lui si è sempre dichiarato antifascista e repubblicano, l'inno rappresenta proprio la vittoria dell'antifascismo e quindi formalmente tutto dovrebbe procedere cosi. Ma perché allora ha affermato di averlo sempre odiato fin dai tempi della scuola? ha per caso scoperto uno spirito monarchico tutto ad un tratto? o uno spirito rivoluzionario e fascista?

A mio avviso, il suo odio si colloca in una strofa precisa dell'inno, e precisamente nel verso in cui si recita :

"Ché schiava di Roma

Iddio la creò.

Stringiamci a coorte

Siam pronti alla morte

L'Italia chiamò."

Dopo aver detto per decenni "Roma ladrona" una persona cosi antinazionale non può di certo apprezzare quello recita il testo.


Poi ancora l'inno recita:

"Perché non siam popolo,

Perché siam divisi.

Raccolgaci un'unica

Bandiera, una speme:

Di fonderci insieme

Già l'ora suonò."

Bossi è un secessionista, a lui non importa nulla della nostra Patria e della sua unità, guarda solo la sua Padania e ultimamente esprime sempre più concetti antinazionali e secessionisti. Questo episodio è uno degli ultimi - forse tra i più importanti - che rende l'idea del fatto che non scherzano e fanno davvero sul serio. Cosa lo dimostra? Quel nove percento delle precedenti elezioni. La lega c'è ed è forte, almeno quanto un partito basco in Spagna. E tutto questo non è da sottovalutare.

Ma allora per quale motivo Bossi ha affermato che preferiva la Canzone del Piave all'inno di Mameli?

Semplice, ci vuole poco a capirlo. Infatti la canzone recita :

Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"

Per un antinazionale come lui questa canzone si addice sicuramente di più, ma oltre al fatto che sia un secessionista, è soprattutto uno che vuole espellere tutti quelli che non sono italiani dal territorio. "Non passo lo straniero" penso sia una frase che egli ripeterà spesso in futuro e le minacce che ha espresso qualche mese fa potrebbero essere davvero un segnale preoccupante per gli Italiani. E' vero che forse sono solo parole, ma in certe situazioni, anche i passato, dalle parole si è passati ai fatti. Con tutte le conseguenze che ci hanno portato fino al 2008.

Concludo questo breve articolo a sfondo politico affermando che effettivamente per le idee politiche e le opinioni del leader leghista, è ovvio preferire una canzone come il piave all'inno di mameli. E' questo si può accettare. Quello che non credo si possa accettare però è il villipendio all'inno nazionale, perché anche se si vuole negarlo, si tratta di un reato perchè si è offeso un simbolo dello stato, ed in un modo poco educato tra l'altro. Quindi è necessario fare qualcosa per evitare che tali eventi si producano in futuro. La canzone del piave è una canzone splendida e sicuramente anche un inno della nostra patria, ma se si è deciso di stabilire l'inno di Mameli come inno nazionale, lo si deve accettare come tale e tacere.

Celebrity Collage by MyHeritage

MyHeritage: Celebrity Collage - Ricerche genealogiche - Ricerca genealogica


Celebrity Collage by MyHeritage

MyHeritage: Celebrity Collage - Ricerca genealogica - Software genealogia

domenica 20 luglio 2008

Il protocollo n° 11 e l'abolizione del sistema di garanzia

SISTEMA DI GARANZIA: doveva funzionare solo se lo stato non fosse riuscito a porre rimedio alle norme della convenzione. Abbiamo tre elementi che attuano tale garanzia:

  1. LA COMMISSIONE: è composta da individui. O si riteneva infondata la violazione di norme oppure si portava la questione dinanzi alla corte europea dei diritti dell’uomo; oppure la commissione non portava l’attenzione alla corte ma al comitato dei ministri (organo politico) che poteva valutare se si fosse in violazione di una norma della convenzione valutando secondo parametri politici.
  2. CORTE
  3. COMITATO DEI MINISTRI (organo politico)

Tale sistema è venuto meno con il PROTOCOLLO N° 11. Si è abolita la commissione e le sue competenze sono state trasferite alla corte ed inoltre è stata modificata la competenza del comitato dei ministri. Tale sistema è ritenuto più efficace non solo per la repressione delle ipotesi di violazione ma come sistema per una profonda conoscenza dei diritti dell’uomo (il fondamentalismo islamico ha una concezione contraria alla tutela dei diritti dell’uomo). E’quindi un sistema sussidiario chiamato ad operare solo se lo stato non sia capace di operare da solo. L’articolo 13 sancisce il diritto ad un ricorso effettivo, previo l’esaurimento dei ricorsi interni.

La commissione era composta da individui pari agli stati che facevano parte del consiglio d’Europa (uno per stato).

Gli articoli 33 e 34 trattano le condizioni di funzionamento e di ricorsi individuali. Gli stati avevano la scelta di partecipare solo all’elencazione dei diritti oppure recepire il sistema di garanzia (con la possibilità di ricorsi). Ciò fino al protocollo 9. All’altra parte contraente (gli altri stati) va verificata la ricevibilità, bisogna escludere ci siano ostacoli nell’esame del merito del ricorso. “NON ICTO OPULI INFONDATO”. Abbiamo ricorsi individuali ed interstatali. Il ricorso può esser dichiarato irricevibile anche quando la procedura è avanzata e si attende la sentenza. (c’è una violazione: ricorro al giudice nazionale, il processo dopo sei mesi non da risultati; il caso è dichiarato irricevibile perché dopo la data). Un’ulteriore ipotesi di irricevibilità (che si trova nell’articolo 33) riguarda quali soggetti possano far rinvio individuale, ossia possono farlo i soggetti che sono vittime della violazione.

La procedura si attua per fase scritta e per fase orale. A volte è necessario che la corte prenda misure provvisorie come nel diritto interno (articolo 40 carta dell’ONU) che tendono a non aggravare le condizioni di una delle parti a causa del tempo del processo. Tale misura non è obbligatoria. Ogni qualvolta il presidente della corte ha determinato il preciso rispetto da parte degli stati, ciò ha costituito una successiva norma consuetudinaria che attua ciò in concreto (caso Oshallan, non esecuzione della pena capitale).

Il ricorrente può rinunciare al ricorso. La cancellazione della causa del ruolo (elenco delle cause pendenti al giudice) ed il ruolo di udienza del giudice sono elementi importanti anche in sede internazionale.

Con il regolamento amichevole la vittima e lo stato presunto violatore si mettono d’accordo per evitare che la procedura sfoci nella sentenza. E’ un accordo fra la vittima e lo stato violatore come utilità a disposizione da parte dello stato violatore. A differenza della rinuncia esso deve soltanto esser sottoposto dalla corte e non si deve tradurre nell’iperviolabilità di un diritto che si presume sia stato leso (non vi è risarcimento in quanto esso si usa solo in una situazione economicamente valutabile). Con il vecchio regime accedeva che il procedimento si chiudeva con un parere della commissione, atto non vincolante per gli stati, si limitavano a riconoscere la competenza della commissione ad emettere tale parere.

La non decisione del comitato: Quando il numero dei membri cresce, diventa difficile raggiungere la maggioranza qualificata, non si riesce a decidere. Starace afferma invece sia possibile un’interpretazione della decisione. Ciò poteva condurre ad una non valutazione. Il comitato era dell’opinione non contraria ma diversa da quella della convenzione. Allora accadeva che non votava né a favore né contro. Nei sei mesi successivi poteva rimettere la questione per la seconda volta. Con il protocollo 11 è stata eliminata la competenza del comitato dei ministri del merito compito di verificare l’adempimento della sentenza della corte. Tuttavia vige sempre la maggioranza dei 2/3, anche se il problema della non decisione esiste ancora, risulta attenuato nel fatto che il comitato non ha termini per definire se uno stato si è o no adeguato ad una sentenza.

La dichiarazione universale dei diritti dell'uomo

Alla fine della seconda guerra mondiale si ha la DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’UOMO, nel 1948, una dichiarazione di principio che non ha efficacia vincolante ma rappresenta un modello per gli stati di tutto il mondo in quanto tutti sono riconosciuti in essa, hanno adeguato la legislazione interna in conformità a tale dichiarazione, hanno determinato l’espandersi del convincimento della necessità di tutela dei diritti dell’uomo a livello internazionale.

Già nei secoli precedenti però Cesare Beccarla nel suo “dei diritti e delle pene” affermava che o l’atto posto in essere ha una rilevanza interna o altrimenti il capo di stato è immune e non può esser processato. Kant affermerà invece che l’atto inumano è tale se compiuto in qualsiasi parte del mondo. L’atto inumano non può godere di immunità. Inizia un processo a livello internazionale che coinvolge punti che si ritenevano immutabili nel diritto internazionale. L’articolo 2 comma 7 della carta dell’ONU tratta del dominio riservato, stabilendo il rapporto politico tra stati e cittadini.

La politica nazista di pulizia etnica era iniziata prima della seconda guerra mondiale contro cittadini tedeschi (zingari rom, omosessuali, andicappati). Basti ricordare lo stato della Cambogia nel quale ci furono 3 milioni di morti. La tutela dei diritti dell’uomo oggi esula dalla giurisdizione domestica. Se prima lo stato poteva fare ciò che voleva con i propri cittadini, oggi ha degli obblighi in tema di diritti dell’uomo. Tuttavia la dichiarazione del 1948 non è vincolante, quindi nessuno è soggetto ad inadempimento.

I Patti del 1966 sui diritti civili e politici sono aperti alla firma sui diritti sociali, economici e culturali. I trattati non si differenziano dalle dichiarazioni, si traducevano in un elencazione di diritti (diritto alla vita, libertà di religione….) che continuano ad esser presenti nei trattati seguenti.

(uno stato è più propenso a dichiararsi colpevole anziché riconoscersi stato violatore di un diritto dell’uomo perché dal 1948 è sorto un parametro per valutare uno stato, qualcosa di nuovo, il “rispetto dei diritti dell’uomo”, non per questo un rispetto assoluto). Nel 1950 a Roma per la prima volta viene firmato un trattato (seguito da 14 protocolli) che oltre a prevedere un elenco di diritti, da anche un sistema di garanzia dei diritti dell’uomo, elaborato dal consiglio d’Europa (organo internazionale), una carta sociale europea, una convenzione che si articola in una parte di elenco di diritti ed una seconda parte che disciplina un sistema di garanzia sussidiaria (riserva di legge). Gli stati evitano che altri individui o organizzazioni compiano violazioni di altri diritti, assumendo l’obbligo che essi stessi non violino tali diritti (Cassese). Dal 1948 un tarlo è attivissimo il quale ha determinato un processo che non da frutti immediati, ma sta cambiando il diritto internazionale verso un’attenzione globale dei diritti. Dal 1948 il tema dei diritti dell’uomo ha fatto passi in avanti. La convenzione è copiata dai paesi anglicani, ma essa concede al singolo individuo di convenire uno stato in uno processo internazionale (ma gli individui sono oggetti del diritto per il diritto inglese).

La convenzione europea dei diritti dell'uomo

La convenzione europea dei diritti dell’uomo è stata firmata il 4 novembre 1950, ratificata dall’Italia nel 1955 (gli altri stati lo hanno fatto nel 1953). Essa può essere considerata la punta di diamante per la tutela a livello internazionale dei diritti umani, anche se già nel 1648 nel trattato di Vestfalia erano contenute norme atte a tutelare i diritti dell’uomo in quanto singolo e non come membro di uno stato. Con la pace di Vestfalia gli stati si riconoscono come stati cristiani, ed è proprio dal 1648 che si sono avviati i primi passi per una codificazione dei diritti dell’uomo svolti all’interno degli ordinamenti statali. L’esperienza inglese si colloca a parte in quanto già nel 1215 viene emanata la Magna Charta, documento fondamentale dell’istituzione statale inglese, nel 1648 il Bill of right, la dichiarazione degli USA nel 1787, tutti documenti che hanno consentito ad uno sviluppo della codificazione dei diritti dell’uomo.

Tuttavia i primi punti della tutela sono mossi da convenzioni internazionali di diritto umanitario, il diritto internazionale bellico. Nel 1684 viene emanata la convenzione sul miglioramento dei feriti, le 4 convenzioni di Ginevra sulla protezione dei civili; nel 1677 i due protocolli, dei quali uno disciplina i conflitti armati internazionali e l’altro disciplina i conflitti armati non internazionali.

In USA ci sarà il primo tentativo di reprimere a livello internazionale ciò che sarà poi definito genocidio (in tal caso ci si riferisce agli armeni ad opera della Turchia) dopo la seconda guerra mondiale, seguendo due direttrici, la prima quella di inserire nel trattato di pace di processare i responsabili degli omicidi alla Turchia, e l’altro di processare il Kaiser Guglielmo II per violazione alla sacralità dei trattati (in quanto ha violato il trattato di Versailles). In tal modo si hanno 4 trattati di Pace:

v il trattato di Versailles (con la Germania)

v il trattato con la Turchia (impero ottomano)

v il trattato con l’impero austro-ungarico

v il trattato con la Bulgaria

Nella prima bozza del trattato con la Turchia era previsto di processare i responsabili di genocidi, ma in concreto e nella stesura finale tale clausola fu abbandonata e mai resa vincolante.

Con Guglielmo II vi fu un terrorismo interno, il quale portò alla costituzione di Weimar. Il Kaiser si rifugiò in Olanda sposandosi con Guglielmina, la quale si oppose a che Guglielmo fosse sottoposto a processo affermando che un capo di stato non può esser processato perché gode dell’immunità diplomatica. Di conseguenza la Germania nazista aveva iniziato la violazione dei diritti umani già prima della seconda guerra mondiale, la Germania non fu tale solo all’avvento di Hitler.

venerdì 18 luglio 2008

Gli atti comunitari in ambito internazionale

Sono di tre tipi:

  1. REGOLAMENTI: hanno efficacia generale, si rivolgono a tutti gli stati membri, sono direttamente applicabili salvo non richiedano l’intervento del legislatore statale (sarebbe quello self-executing). Ha portata generale e non è emanato per un singolo, bensì per lo stato, per una categoria indeterminata di casi, ossia come la legge ordinaria dello stato. Ha efficacia piena.
  2. DIRETTIVA: è obbligatoria per quanto riguarda il risultato, ma non per il raggiungimento. Lascia libero lo stato di trovare il metodo per attuare il fine posto in essa. Abbiamo le cosiddette direttive negative con le quali lo stato non può porre in essere un risultato da raggiungere. Un tipo particolare sono le direttive dettagliate. Ma è un atto legittimo o illegittimo? Non è opportuno basarsi “sull’etichetta”. Se c’è incompetenza si tratta di regolamento e non di direttiva. L’effetto obbligatorio si avrà solo per il fine da raggiungere. Una direttiva, oltre ad indicare il fine, indica anche il mezzo per raggiungerlo. Resta obbligatorio individuare il fine. Che succede nelle direttive inattuale? Non tutte le direttive prevedono un termine per l’effetto orizzontale, deve esser esplicitato il mezzo per raggiungere il fine. Bisogna inoltre che il termine sia espresso e che lo stato non l’abbia attuata, debba valere come diritti incondizionati, con un nesso di causalità tra inattuazione e danno.
  3. DECISIONE: entra in vigore alla notifica. Influiscono in maniera diretta sui rapporti dei singoli cittadini, le singole imprese e i singoli stati membri. E’ l’atto giuridico tipico con il quale le istituzioni comunitarie regolano in maniera vincolante i singoli casi. Ha validità individuale. E’ vincolante in tutti i suoi elementi e vincola direttamente i destinatari.

Gli atti normativi dell’UE sono atti emanati da una comunità SOVRANANZIONALE.

Conforti dice che non bisogna guardare la denominazione bensì la natura, cioè anche se si chiama “direttiva” occorre verificare la competenza sulla materia (materie politiche) della CE, se si possono emanare direttive su quella materia, perché se c’è incompetenza, è semplicemente un regolamento e non una direttiva.

Politics Top Blogs Directory of Politics/law/government Blogs feeds2read http://www.wikio.it


Enrico%20Antonazzo
Quantcast
BlogItalia.it - La directory italiana dei blog