(dichiarazioni di volontà con cui uno stato dichiara di aderire ad un trattato a condizione che nei propri confronti non si applichino talune disposizioni del trattato oppure che a talune di esse venga attribuito il significato che con la stessa dichiarazione lo stato indica).
Le Riserve sono disciplinate dagli articoli 19 al 23 della convenzione di Vienna sui Trattati.
La convenzione di Vienna (o meglio le norme contenute in essa) è il frutto dello sviluppo progressivo del diritto internazionale. Prima della ratifica di essa il diritto internazionale classico poneva limiti alla opponibilità delle riserve.
La riserva ha rilievo solo nei trattati multilaterali. In quelli bilaterali, essa non ha senso in quanto in un rapporto in cui vi sono due centri di interesse distinti vi è soltanto una proposta che esige un’accettazione.
La finalità ultima della riserva è di favorire la partecipazione al trattato del maggior numero di stati.
Nel diritto internazionale classico se non era prevista la riserva non si poteva quindi accogliere alcun ricorso od eccezione fino alla convenzione del genocidio, quando la seconda guerra mondiale era terminata. La corte internazionale di giustizia (organo giudiziario più alto dell’ONU) poteva esprimere dei PARERI.
Ma è possibile che uno stato apponga una riserva ad un trattato che non la prevede dopo la firma dello stesso?
Lo può fare prima che avvenga la ratifica, ma la riserva non deve risultare in contrasto con l’oggetto e lo scopo del trattato. Il parere per definizione non è mai vincolante. Allo stesso modo la riserva quindi può esser espressa prima della ratifica e non deve mai esser in contrasto con l’oggetto e lo scopo perseguito dal trattato.
La stessa convenzione di guerra si adeguava al parere della corte internazionale di giustizia.
Lo stato che vuole apporre una riserva ad un trattato ha un onere. Esso deve ratificare la volontà di aderire al trattato a tale condizione (l’ufficiale giudiziario non esiste in campo internazionale). La riserva quindi non è automaticamente efficace, gli altri stati, se ne traggono vantaggio, possono dichiarare la loro posizione a favore o contro la riserva espressa da un determinato stato che chiede tale riserva, può quindi subentrare un contrasto tra lo stato che appone la riserva e lo stato che ne è esterno. Non ‘è un principio che equivale ad un silenzio assenso nel diritto internazionale (come nel diritto interno si ha nel contratto con obblighi a carico del solo proponente, articolo 1333 del codice civile).
E’ individuato un termine, fissato a dodici mesi dalla notifica della riserva, se questo termine si oltrepassa senza che lo stato che ha ricevuto tale riserva non abbia espresso nulla in favore o in demerito, ossia non si sia espresso, significa che esso ha acconsente alla riserva altrui, è quindi essa è stata accolta.
L’obiezione può esser redatta in termini categorici che però non chiariscono gli effetti della loro posizione.
Dopo tanto tempo la dottrina è giunta alla stessa conclusione del parere della corte e della prassi.
L’obiezione deve quindi esser netta e precisa altrimenti è come se non ci fosse, come se non esistesse.
Tutte queste ipotesi possono svolgersi tutte insieme in quanto si tratta di un trattato multilaterale, che interagisce fra più stati soggetti di diritto internazionale.
Gli stati quando registrano l’esistenza di una diversità d’opinioni ritengono che il trattato sia inefficace. Semplicemente significa che se non c’è accordo, il trattato non esiste.
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