L’economia in questo senso sovrasta la politica e al libero consenso degli uomini non spetta più stabilire i fini della società. Ciò è dunque incompatibile con il diritto e con le strutture fondamentali della convivenza quotidiana. La realtà economica deve fare i conti anche con motivazioni non legate al profitto. L’interesse egoistico, l’altruismo, la razionalità, la simpatia, lo spirito cooperativo ed altri sono elementi che hanno a che fare anche con la legge del mercato. Esso è permeato da regole etiche come l’onestà negli affari, la buona fede, la sobrietà, il rispetto della proprietà e della persona. Il mercato non è dunque una realtà distinta dal diritto, è categoria giuridica perché il diritto stesso lo orienta secondo i suoi valori complessivi. Il concetto di mercato opera all’interno del sistema come fattore di garanzia di uno svolgimento dell’attività economica che sostiene e non sostituisce le finalità da ciascuno assegnate alla propria vita, all’interno di un ordinamento che tutela e coordina le singole libertà.
Il mercato è dunque inteso come la funzione costituzionale dell’economia, in quanto l’attività economica non può essere che strumentale alla realizzazione dei valori esistenziali alla categoria dell’essere. (art 41 cost e art 42 cost). Il buon diritto è quello che impedisce la mercantilizzazione della società e la identificazione dei diritti civili e dei diritti umani naturali con quelli economici.
I concetti di mercato e concorrenza hanno il loro riconoscimento fondato sulla garanzia della democraticità del sistema, sull’avversione alla collettivizzazione dei beni di produzione e alla pianificazione centralizzata ed autoritaria. L’intervento pubblico in economia assume le forme del monopolio legale, della gestione statale d’imprese operanti come regole di diritto civile, dell’aiuto finanziario pubblico alle imprese private. Si vieta che il potere di mercato ostacoli lo sviluppo di altre imprese o si risolva in un danno per i cittadini, e si afferma che la concorrenza favorisce la diminuzione dei prezzi o il miglioramento dei prezzi.
La tutela del mercato è in primo luogo regolamentazione giuridica della concorrenza. Questo è il concetto di ANTITRUST. I suoi fondamenti sono nella costituzione (art 41) è non un fine ma un mezzo per realizzare l’utilità sociale o l’effettiva partecipazione di tutti all’organizzazione economica e sociale del paese. L’antitrust assume un ruolo politico ed istituzionale, perché rappresenta lo strumento di difesa del diritto all’istruzione e all’informazione, i quali presuppongono l’esistenza effettiva di una scelta tra una pluralità di ipotesi.
La tutela della concorrenza, quale garanzia all’accesso e alla permanenza nel mercato, s’intreccia con i prioritari valori della promozione e della tutela dei diritti umani. L’esercizio della libertà economica nell’ambito delle telecomunicazioni e sistemi radiotelevisivi presuppone rigorose condizioni di controllo; l’impresa pubblica e quella privata devono concorrere nella realizzazione dei valori costituzionali posti a presidio dell’informazione radiotelevisiva. Occorre che siano garantite la correttezza e la completezza dell’informazione. L’antitrust tuttavia è un rimedio utile ma non esclusivo: bisogna avvalersi della forza e dei rimedi ricollegabili alla clausola generale di tutela della persona.
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