E’ possibile distinguere ancora l’imprenditore agricolo da quello commerciale?

Fino all’entrata in vigore del codice del 1942, l’attività di sfruttamento delle terre - considerata attività di mero godimento – era regolata anziché dal codice di commercio, dal codice civile. La normativa attuale, considerando imprenditore chiunque svolga un’attività creativa di ricchezza, ha incluso nella categoria anche l’agricoltore ma ha conservato per esso alcuni privilegi come l’esclusione dall’obbligo della tenuta delle scritture contabili e la non assoggettabilità al fallimento. Per l’art. 2135 è imprenditore agricolo “chi esercita un’attività (professionale) diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse”; il 2° comma dell’art. 2135 precisa che “si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura“. La giurisprudenza e la dottrina prevalenti ritengono che le imprese agricole per connessione non si esauriscano nel novero di quelle elencate dalla norma considerando tale elencazione meramente esplicativa. In quest’ottica si distinguono:

• attività connesse tipiche, cioè quelle dirette alla trasformazione o all’aliena-zione di prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agri-coltura;
• attività connesse atipiche, cioè tutte le altre attività esercitate in connessione con la coltivazione del fondo, la silvicoltura e l’allevamento del bestiame (es. agriturismo, trebbiatura per conto terzi ecc.).

Tali attività sono oggettivamente commerciali ma vengono considerate agricole qualora siano connesse ad una delle tre attività agricole essenziali. Perché possano essere considerate connesse, tali attività devono presentare:

• una connessione soggettiva, in quanto il soggetto che esercita l’attività deve essere un imprenditore agricolo;
• una connessione oggettiva, in quanto l’attività connessa non deve configurare un’autonoma speculazione commerciale o industriale e, tramite la persona dell’agricoltore, deve essere sempre collegata oggettivamente alla terra. Tale collegamento oggettivo viene individuato per le attività connesse tipiche attraverso il criterio dell’esercizio normale dell’agricoltura; per le attività connesse atipiche mediante il criterio dell’accessorietà.

Oltretutto, in campo agricolo abbiamo l’introduzione di metodi industriali, nasce quindi l’agricoltura industrializzata, coltivo il fondo in qualunque modo.

Perché l’imprenditore agricolo era sottratto allo statuto dell’imprenditore commerciale? Non c’è una spiegazione tecnica, oltretutto l’imprenditore agricolo può esser vittima di calamità naturali che possono recargli danni sui beni da produrre, quindi diminuire il patrimonio.

Nel 1942 il Parlamento era composto da latifondisti ed avvocati.

La legge di riforma dell’articolo 2135 definisce anche il concetto di associazione di imprenditori agricoli ( il vino fatto in una cantina casalinga da parte di più imprenditori che si associano), ossia nasce la società cooperativa che comprende diversi imprenditori agricoli. Chi vende il vino è il soggetto di cantina sociale. Non è essa che produce il vino, non c’è la connessione soggettiva, bensì è un soggetto distinto. La cantina esercita un’attività non agricola ma commerciale.

Nel caso di associazioni agricole la società si considerava quasi come trasparente, era una società strumento. Si considerano imprenditori agricoli quando le società sono associazioni strumentali di imprenditori agricoli (oltretutto la società è un soggetto distinto dai soci) a patto che trasformino prevalentemente i prodotti agricoli dei propri soci.