La costituzione riconosce l’eguaglianza sia come divieto di discriminazione fondata sulle differenze biologiche o culturali sia come impegno dello stato a rimuovere le condizioni di fatto che ostacolano lo sviluppo della persona. (art. 3 cost).
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
L’eguaglianza formale afferma che il destinatario delle norme giuridiche è un soggetto astratto. La legge non può distribuire privilegi o discriminare legalizzando una differenza, la quale è un mero dato fattuale, che non deve esser confusa con la diseguaglianza che è invece un giudizio di valore. L’eguaglianza sostanziale invece afferma che la garanzia del divieto di discriminazioni è insufficiente a realizzare il principio di tutela della persona e di pari dignità sociale.
Il dovere della repubblica è quello di attuare questo principio e di farlo rispettare concretamente, intervenendo in caso di discriminazione sociale. Sono ragionevoli soltanto le disparità attuative della eguale dignità e dello sviluppo della persona.
Eguaglianza non significa egualitarismo perché non si pretende l’eguaglianza di tutti in tutto, a prescindere dei meriti e delle competenze. Ogni disparità di trattamento deve esser giustificata come attuazione dei principi costituzionali.
Il principio di eguaglianza è unitario. La eguaglianza formale e sostanziale sono in funzione reciproca, in quanto entrambe esprimono l’eguaglianza nella giustizia sociale. Il mercato non può sostituire l’uguaglianza nel superamento delle differenze, in quanto esso accentua le discriminazioni e disintegra la persona in una somma incoerente di funzioni di consumo.
L’eguaglianza sostanziale è invece attuata non soltanto con la redistribuzione dei beni e con discipline diversificate in ragione della disuguaglianza di fatto, ma anche con la garanzia di una effettiva partecipazione degli individui alla dinamica dei rapporti di diritto civile.
L’eguaglianza di diritto comprende il riconoscimento a tutti della capacità giuridica, il divieto di discriminazioni non giustificate, l’eguale godimento di diritti fondamentali. L’eguaglianza secondo il diritto è eguaglianza nei diritti fondamentali quali garanzie a fronte del potere (pubblico o privato).
L’interpretazione unitaria del principio di eguaglianza si manifesta sia nella distribuzione dei beni sia nella distribuzione della possibilità di acquisire un determinato dominio sui beni. Il ben tutelato non è soltanto quello patrimoniale, il bene è l’oggetto della situazione giuridica e del rapporto. Bene giuridico è il termine di riferimento di tutti i comportamenti che rientrano nel rapporto giuridico. Ogni comportamento qualificabile come esercizio di una delle due situazioni soggettive comprese nel rapporto ha lo stesso termine di riferimento, che è appunto il bene.
Le caratteristiche dell’istituto della proprietà non sono le uniche in riferimento ad ogni singolo bene. Il bene giuridico è dunque l’oggetto di una situazione soggettiva la quale ha sempre un bene come oggetto. I beni possono esser patrimoniali e non patrimoniali; sono concepibili beni a godimento plurimo e l’individuazione dell’interesse meritevole è compiuta dall’ordinamento. Anche le clausole generali, nella loro vaghezza dispositiva, riconducono al concetto di eguaglianza degli individui.
3 commenti:
good start
leggere l'intero blog, pretty good
imparato molto
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